Il futuro del sesso nello sport di alto livello

Il sesso è stato usato a lungo per dividere le competizioni sportive in nome della correttezza, ma le regole attuali e il modo in cui vengono applicate sono adatti allo scopo?

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Originale di Julianna Photopoulos su Nature.


Nella fretta di partire per l’Universiade tenutasi nel 1985 a Kobe, in Giappone, l’ostacolista spagnola José Martínez-Patiño si era dimenticata di mettere nella borsa il “certificato di femminilità” preparatole dal proprio medico. “Bisognava dimostrare di essere una donna per poter gareggiare”, spiega. Senza di esso, si era dovuta sottoporre a un semplice test biologico. Ma ne era uscito fuori un risultato inaspettato, e così aveva dovuto affrontare un esame più impegnativo - esame che avrebbe richiesto mesi per avere un risultato. Il suo medico di squadra le aveva consigliato di fingere di aver avuto un infortunio alla caviglia per non destare sospetti su perché non stesse gareggiando, quindi lei sedeva sugli spalti con il piede fasciato e assisteva, chiedendosi cosa significasse il risultato del test.

Lo sport ha un lungo trascorso per quanto riguarda la sorveglianza su chi vada considerata donna. I test obbligatori a tappeto di “verifica del sesso” sono stati istituiti agli eventi sportivi degli anni 60 (vedi “La sorveglianza del sesso”) - un’epoca in cui la partecipazione delle donne allo sport era in crescita e molte stavano ottenendo miglioramenti nelle prestazioni. Le preoccupazioni sul fatto che gli uomini potessero fingersi donne costringevano le persone che gareggiavano negli eventi femminili a sottoporsi a un esame visivo e fisico umiliante effettuato da un gruppo di medici.

Nel 1968, Il Comitato Olimpico Internazionale (IOC) ha adottato un esame diverso per stabilire il sesso, basato sui cromosomi. Di solito le persone hanno 46 cromosomi divisi in 23 coppie. Una di queste coppie è diversa in base al sesso biologico dell’individuo: le donne hanno di solito due cromosomi X, mentre gli uomini hanno una X e una Y. Errori genetici, mutazioni e interazioni tra il DNA e gli ormoni possono, tuttavia, portare a tutta una serie di eccezioni a questa configurazione. Nonostante i cromosomi di un individuo possano indicare un sesso, la sua anatomia può suggerirne un altro. Ciò è noto come intersessualità o differenze nello sviluppo sessuale (DSD).

Il test cromosomico richiesto dall’IOC richiedeva di prendere alcune cellule dall’interno della guancia. In una cellula contenente due cromosomi X, un cromosoma è inattivo e quindi appare al microscopio come un punto nero nel nucleo, conosciuto come corpo di Barr. Se il punto nero non è chiaramente riconoscibile, è possibile ottenere un risultato catalogando i cromosomi presenti in una cellula.


La sorveglianza del sesso: la storia dei controlli del sesso nello sport femminile

1936
La velocista statunitense Helen Stephens si sottopone a un esame per verificare il proprio sesso dopo che i giornalisti mettono in dubbio la sua vittoria nei 100 metri ai Giochi Olimpici di Berlino. I risultati del non meglio specificato esame, che conferma che è una donna, vengono annunciati pubblicamente.
1946
L’Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica (IAAF) richiede che si abbia un certificato medico per dimostrare di essere idonee a partecipare agli eventi per donne. Il Comitato Olimpico Internazionale (IOC) adotta la stessa regola per i giochi del 1948.
1966
Le donne vengono sottoposte nude a ispezioni da un gruppo di medici ai Campionati Europei di Atletica, e devono effettuare esami ginecologici ai Commonwealth Games. Gli esami sono impopolari, e alcune atlete scelgono di non partecipare.
1967
Gli esami cromosomici vengono provati alla Coppa Europea. La velocista polacca Ewa Kłobukowska è la prima ad essere squalificata. L’IOC adotta i test per le Olimpiadi Invernali del 1968, dalle quali viene squalificato lo sciatore austriaco Erik Schinegger (che all’epoca viveva come donna).
1985
Viene impedito di competere all’ostacolista spagnola María José Martίnez-Patiño in seguito a un test che determina un assetto cromosomico 46,XY. Lei si oppone sostenendo di non avere alcun vantaggio a causa della sindrome da insensibilità agli androgeni. Il divieto viene ritirato nel 1988.
1992
La IAAF non esegue più esami del sesso a tappeto, e indaga sulle atlete femmine solo se vengono fatte domande. L’IOC, tuttavia, introduce un esame per tutte le donne, basato sul gene SRY. Rimane necessario fino ai Giochi Olimpici del 2000 a Sydney, in Australia.
2009
Caster Semenya vince agli 800 metri ai Campionati Mondiali di Atletica. Durante la gara, la IAAF e i media rivelano che la diciottenne dovrà affrontare un esame del sesso. Viene costretta a ritirarsi, ma le viene permesso nuovamente di competere 11 mesi dopo.
2011
La IAAF adotta un regolamento sul testosterone, ponendo un limite sui livelli nel sangue a 10 nanomoli per litro per le persone che competono negli eventi delle donne. Coloro che sono suscettibili agli effetti del testosterone e ne hanno una quantità superiore devono prendere farmaci per abbassarlo o sottoporsi a un intervento chirurgico.
2014
Le autorità indiane vietano alla velocista Dutee Chand di competere, a causa dei suoi alti livelli di testosterone. Lei fa ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport (CAS), che prende una decisione in suo favore nel 2015. Il regolamento dell’IAAF viene sospeso, e Chand può gareggiare senza restrizioni.
2018
L’IAAF annuncia un regolamento che pone un limite di 5 nanomoli per litro alle persone che competono negli eventi femminili con distanze tra i 400 metri e un miglio. La mezzofondista Semenya fa ricorso al CAS, che sospende il regolamento in attesa dell’udienza definitiva.
2019
Il CAS dà torto a Semenya. L’anno successivo perde di nuovo in un tribunale svizzero. Semenya fa ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e annuncia che gareggerà nei 200 metri (non soggetti a restrizioni) alle Olimpiadi di Tokyo 2021.

Il test dei cromosomi di Martínez-Patiño aveva concluso che fosse 46,XY - un maschio dal punto di vista cromosomico. Ulteriori analisi avevano dimostrato che nonostante avesse caratteristiche esteriori femminili avesse internamente dei testicoli - una condizione nota come sindrome da insensibilità completa agli androgeni. “Rimasi scioccata,”, dice.

Dopo aver avuto i risultati, è stato chiesto a Martínez-Patiño dalla propria federazione nazionale di ritirarsi in sordina dallo sport. Lei però ha preso una decisione diversa, e ha scelto di competere nei campionati di atletica spagnoli del 1986. Tuttavia ne ha pagato il prezzo in seguito, quando la sua cartella clinica è stata trapelata ai media. “Ho perso tutto”, dice. Le è stato vietato di competere e le sono state tolte la borsa di studio per l’università, le medaglie e i record sportivi. Ha perso i propri amici, il proprio partner e il proprio senso del sé. “Mi sentivo in colpa, come se fosse colpa mia per una questione genetica o medica,” dice.

Nonostante tutto, però, non era disposta ad arrendersi. “Ti guardi allo specchio ogni giorno. Sei cresciuta e ti sei sviluppata come donna - questo non cambia,” dice. “Avrei dimostrato che non avevo imbrogliato nessuno”. Con il sostegno di diversi scienziati, Martínez-Patiño ha dimostrato alla commissione medica dell’Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica (IAAF), com’era chiamata all’epoca, di non aver avuto alcun vantaggio ingiusto sulle altre atlete femmine. Nel 1988 è stato ripristinato il suo permesso di gareggiare, ma era troppo tardi per il suo sogno Olimpico. Dopo non essere riuscita a qualificarsi alle Olimpiadi di Barcellona per un decimo di secondo, si è ritirata per concentrarsi sulla scienza dello sport.

Anche prima dell’introduzione dell’analisi dei cromosomi per determinare il sesso nello sport, lз genetistз avevano avvisato che fosse inaffidabile, discriminante e non adatta a capire chi avesse un vantaggio “ingiusto” nella categoria femminile. Affidarsi alla presenza del doppio cromosoma X per capire chi fosse donna, ad esempio, non avrebbe identificato lo 0,2% circa degli uomini nati con cromosomi 47,XXY. Allo stesso modo, non avrebbe potuto identificare le donne con condizioni ormonali che possono portare all’aumento della massa muscolare, come l’iperplasia surrenale congenita.

L'ostacolista María José Martίnez-Patiño nel 1989.

L’ostacolista María José Martίnez-Patiño nel 1989.


Nel corso dei decenni, i regolamenti degli organismi che governano gli sport si sono evoluti cercando di assicurare che una persona che partecipa come donna sia “biologicamente femmina”, dice Stéphane Bermon, medico dello sport e direttore di scienza e salute alla World Athletics (nota in precedenza come IAAF) di Monaco. “Le femmine, intese come classificazione in ambito sportivo, sono una categoria protetta,” dice. La definizione attuale di “femmina biologica” della World Athletics si basa per lo più sui livelli di testosterone. Ma alcunз ricercatorз mettono in dubbio la validità dell’uso del testosterone per dividere lз atletз. Più in generale, il fatto di dividere lз atletз per sesso ha sollevato questioni difficili sull’etica medica e sui diritti umani per le quali una soluzione è ancora lontana.

Martínez-Patiño è stata la prima donna a riuscire a impugnare una squalifica dall’atletica basata sul sesso. Di conseguenza, la World Athletics ha smesso con i test genetici a tappeto nel 1992, nonostante continui a farli con atlete femmine quando le avversarie, lз allenatorз o i media fanno domande. L’IOC ha continuato a effettuare controlli di routine per il gene SRY sul cromosoma Y fino al 2000. Questi test sono stati sempre rivolti a donne con caratteristiche sessuali atipiche o con tratti intersessuali, e mai agli uomini, afferma Katrina Karkazis, una bioeticista all’Università di Yale a New Haven, nel Connecticut.

Regolamenti che cambiano

I DSD sono rari, ma si è scoperto che sono più comuni tra le atlete femmine che tra le donne in generale. Uno studio1 su atletз che hanno partecipato ai campionati mondiali del 2011 della IAAF a Daegu, in Corea del Sud, ha rilevato che circa 7 su 1000 partecipanti femmine fossero 46,XY - una quantità che è circa 140 volte più alta rispetto alla popolazione generale.

Gli individui con questo corredo genetico possono produrre alti livelli di testosterone. Noto come iperandrogenismo, questo può accadere nelle donne anche a causa di altre condizioni, come la sindrome dell’ovaio policistico e l’iperplasia surrenale congenita. Il testosterone ingrossa i muscoli, rinforza le ossa e aumenta i livelli di emoglobina nel sangue, che trasporta l’ossigeno.

I livelli tipici di testosterone nelle donne vanno dalle 0.12 alle 1.72 nanomoli per litro, mentre negli uomini adulti si va dalle 7.7 alle 29.4 nanomoli per litro. Questa differenza compare dopo la pubertà, quando gli uomini producono solitamente più testosterone di quanto lo facciano le donne. “Il testosterone è l’elemento chiave per spiegare la differenza tra le prestazioni maschili e femminili,” dice Bermon. Nel 2011, la World Athletics è diventata la prima federazione sportiva internazionale ad adottare un regolamento che controlla l’idoneità alle competizioni per le donne con iperandrogenismo, sottolineando che non si trattasse di un modo di controllare il sesso. La mossa è stata causata dalle controversie sul sesso della mezzofondista Caster Semenya nel 2009, che l’hanno costretta a ritirarsi dallo sport per 11 mesi. Le regole adottate dalla World Athetics comportavano che per partecipare agli eventi delle donne fosse necessario abbassare il proprio livello di testosterone a meno di 10 nanomoli per litro o con una terapia ormonale o con un intervento chirurgico. Martínez-Patiño, che è stata parte della Commissione Medica dell’IOC che ha adottato regole simili nel 2012, dice che nonostante non si tratti di una soluzione perfetta sia stata comunque un miglioramento in confronto ai tentativi passati di assicurare correttezza nello sport femminile.

Tuttavia, il regolamento non è rimasto in vigore a lungo. Nel 2014, alla vigilia dei Commonwealth Games a Glasgow, nel Regno Unito, la velocista indiana Dutee Chand ha scoperto che il proprio livello di testosterone fosse sopra il limite delle 10 nanomoli. Invece di accettare una terapia ormonale o un intervento chirurgico, come invece si pensa abbiano fatto altre atlete in questo periodo2, ha scelto di opporsi alla decisione presso il Tribunale Arbitrale dello Sport. Nel luglio del 2015, il tribunale ha deciso in suo favore e ha dato due anni di tempo alla World Athetics per portare prove più chiare che il testosterone naturale fornisca vantaggi atletici. Le regole sull’iperandrogenismo sono state sospese, permettendo a Chand e alle donne con DSD di competere senza restrizioni.

Prove controverse

I tentativi di usare il testosterone come indicatore del fatto che un individuo possa competere in un evento per donne sono stati soggetti a molte critiche.

Un’obiezione è che i range tipici del testosterone negli uomini e nelle donne potrebbero non essere tanto diversi quanto sembrano a primo impatto. Uno studio3 del 2014 di 693 atlete femmine di alto livello in 15 sport ha rilevato una sovrappoposizione significativa nei livelli di testosterone tra i due gruppi. Il 14% circa delle donne aveva livelli più alti di quello che viene considerato il range femminile tipico - alcune di loro avevano perfino livelli considerati alti per un uomo. E circa il 17% degli uomini aveva livelli di testosterone sotto il range maschile tipico.

Un’altra preoccupazione importante è la mancanza di prove che colleghino livelli alti di testosterone nelle donne a margini competitivi. Tra lз atletз di alto livello, lз partecipanti nelle categorie degli uomini sembrano correre o nuotare il 10-12% più velocemente di quellз che competono nelle categorie delle donne, e saltano il 20% più in là o più in alto. Non è però chiaro quanto il testosterone contribuisca a queste differenze. Questa incertezza è stata chiave nella decisione del tribunale di accogliere il ricorso di Chand.

La velocista Dutee Chand (sulla destra) si è opposta a una decisione che le avrebbe impedito di gareggiare.

La velocista Dutee Chand (sulla destra) si è opposta a una decisione che le avrebbe impedito di gareggiare.


Nel caso delle donne con DSD, alcuni dati empirici danno sostegno all’idea che i livelli alti di testosterone diano un vantaggio. Bermon fa notare che le prestazioni di tre fondiste che si sono sottoposte a terapia ormonale sono diminuite del 6% nell’arco di due anni, cosa che a suo avviso fa pensare che il testosterone abbia un ruolo significativo4. E David Handelsman, un endocrinologo all’Istituto di Ricerca ANZAC di Sydney, in Australia, afferma che la ricerca5 sullз atletз transgender dimostra che alcune persone possano continuare a beneficiare dai livelli passati di testosterone - come ad esempio per l’altezza o la massa muscolare - dopo la terapia ormonale.

In seguito alla decisione sul caso Chand, Bermon e il suo collega hanno lavorato a uno studio per quantificare l’influenza del testosterone nellз atletз di alto livello. Lo studio, che è stato finanziato dalla World Athletics e dall’Agenzia Mondiale Antidoping e pubblicato nel 2017, ha rilevato che le atlete femmine di alto livello con i livelli di testosterone più alti avevano prestazioni fino al 3% più alte negli eventi sportivi (incluse le gare di mezzofondo) rispetto a quelle con i livelli più bassi6. Questi risultati hanno costituito la base del nuovo regolamento del 2018, secondo il quale le donne che competono in determinati eventi devono avere livelli di testosterone inferiori a cinque nanomoli per litro per almeno sei mesi prima di un evento.

Lo studio, tuttavia, ha ricevuto critiche. “È profondamente errato,” sostiene Roger Pielke Jr, un ricercatore della gestione e dei regolamenti sportivi all’Università di Colorado Boulder, il quale ha chiesto che lo studio venga ritrattato7. “Fino a un terzo dei dati non vanno bene,” dice Pielke. Ad esempio, alcuni tempi di esecuzione sono duplicati, altri non esistevano proprio nei risultati ufficiali delle gare, e lз atletз squalificatз per doping sono statз inclusз nel data set dello studio. Bermon dice che lui e il suo collega hanno pubblicato una lettera8 nel 2018 che affronta alcuni di questi problemi, ma Pielke continua a non essere convinto.

Il regolamento del 2018 è stato sotto accusa anche per essere fin troppo discriminante. Karkazis spiega che le regole hanno come eccezioni esplicite le donne con livelli alti di testosterone causati dalla sindrome dell’ovaio policistico - la causa più comune di testosterone alto - e, in seguito a un ricorso in tribunale del 2019, le donne con l’iperplasia surrenale congenita. Ad oggi, si rivolgono solo a coloro che hanno un cromosoma Y e sono suscettibili agli effetti del testosterone. Queste persone “hanno un vantaggio fisico innato”, afferma Handelsman.

Inoltre, le regole sono valide soltanto con lз corridorз che competono a livello internazionale negli eventi con distanze tra i 400 metri e un miglio. “È bizzarro,” dice Ross Tucker, uno scienziato dello sport di Città del Capo, in Sud Africa. “Unə atleta potrebbe rispettare la legge il sabato ma non la domenica solo perché sta partecipando a un evento diverso.”

Karkazis inoltre fa notare che lo studio del 20176 aveva mostrato prestazioni diverse in base al testosterone in 5 su 21 degli eventi considerati, inclusi il lancio del martello e il salto con l’asta. Questi due eventi però sono stati esclusi dal regolamento definitivo, mentre i 1.500 metri, per i quali non è stata ossservata una correlazione, sono stati inclusi.

I dettagli del regolamento hanno portato alcunз a chiedersi se sia stato pensato per Semenya. Bermon lo nega, sostenendo che il numero limitato di casi nelle gare delle discipline di lancio ha spinto la World Athetics ad “adottare un approccio prudente” per questi sport. Riconosce inoltre le critiche alla decisione di includere i 1.500 metri, ma dice che il motivo è stato che lз atletз che corrono nel mezzofondo spesso corrono anche nelle gare di fondo.

Tuttavia il dibattito su quale livello di testosterone dia un vantaggio e in quali sport potrebbe essere proprio sbagliato a priori. Ruth Wood, un’endocrinologa dell’Università della South California a Los Angeles, afferma che il problema sia proprio se questi livelli ormonali naturali debbano essere tenuti sotto controllo nell’atletica. “Non ci sono altri sport in cui limitiamo le capacità naturali di unə atleta in nome di un qualche tipo di correttezza,” dice.

Un trattamento di favore

Tucker crede che l’impatto che può avere il testosterone renda necessarie delle regole. “Gli attributi maschili contibuiscono così tanto alle prestazioni che, se non fossero tenuti sotto controllo, prevarrebbero e sovrasterebbero su tutti gli altri fattori,” afferma. Wood riconosce che il testosterone migliori le prestazioni atletiche, ma sottolinea che queste donne non si fanno passare per quelle che non sono e non fanno uso di farmaci che migliorano le prestazioni. “Sono sempre state donne e gareggiano come donne,” dice.

Alun Williams, un genetista dello sport all’Università Metropolitana di Manchester, nel Regno Unito, è d’accordo che le donne con DSD e iperandrogenismo andrebbero trattate in modo non diverso da quelle con qualsiasi altra caratteristica genetica che migliori le capacità atletiche. Il premiato sciatore finlandese Eero Mäntyranta, che ha vinto tre medaglie d’oro nei primi anni 60, aveva una mutazione genetica che aumentava l’ossigeno trasportato dai propri globuli rossi del 25-50%, fa notare Williams. “Le mutazioni che troviamo nellз atletз con DSD non influenzano le prestazioni in modo sensazionale,” dice.

In moltз mettono in dubbio anche l’etica dietro la verifica del sesso di unə atleta. Nel 2019, la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha condannato il regolamento del 2018 per non essere “ragionevole e obiettivo”, e L’Associazione Medica Mondiale ha esortato lз medicз a non farsi carico dell’attuazione delle norme, sostenendo che violino l’etica medica e i diritti umani. Entrambe le posizioni sono state sostenute da rappresentantз dal Sud Africa, il paese natale di Semenya. “State trasformando persone in salute in pazienti, usando protocolli che non sono stati approvati o studiati per alcuna applicazione medica,” dice Pielke.

Lui ed altrз ritengono che l’attenzione posta sul sesso di chi compete negli eventi delle donne sia motivata dal far conformare le donne alle norme sociali; il regolamento del 2011, fa notare, includeva caratteristiche fisiche come la dimensione e la forma del seno che potevano essere usate per identificare le atlete che dovevano essere esaminate. Ad alcune atlete è stato perfino consigliato di indossare reggiseni imbottiti durante le competizioni. “Lo sport è un riflesso della società in cui viviamo, e sta discriminando contro le persone contro cui abbiamo sempre discriminato,” afferma Pielke.

Nel 2020, l’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani Human Rights Watch ha documentato una parte dei danni fisici, sociali e psicologici inflitti alle donne squalificate dagli eventi a causa dei risultati degli esami. L’atleta indiana Santhi Soundarajan, ad esempio, ha cercato di togliersi la vita dopo che il risultato di un esame del sesso è stato trapelato ai media nel 2006. Un’altra atleta indiana si è suicidata nel 2001 dopo aver ricevuto il proprio risultato.

Gli organismi che governano gli sport dovrebbero essere legalmente responsabili per le proprie azioni discriminatorie, afferma Seema Patel, un’avvocata dello sport all’Università di Nottingham Trent, nel Regno Unito. Ha proposto di stabilire un’unità internazionale indipendente contro la discriminazione nello sport, che svolgerebbe un’azione di controllo. Altrз ricercatorз consigliano di smetterla di dividere per sesso negli sport individuali, e di adottare un sistema simile a quello che c’è nello sport per disabilз. “La nostra società si sviluppa sulla base del sesso e del genere, ma non è per nulla inclusiva per quanto riguarda le prestazioni - sia per gli uomini che per le donne,” dice Roslyn Kerr, una sociologa dello sport all’Università di Lincoln a Canterbury, in Nuova Zelanda. Kerr propone di creare categorie in base alle caratteristiche fisiche necessarie ad eccellere in un determinato sport. Ad esempio, unз velocistз potrebbe competere con persone che hanno una massa muscolare e una quantità di fibre muscolari a contrazione veloce simili alle proprie, mentre per quanto riguarda gli sport di resistenza in base alla massa muscolare e alla capacità polmonare. Mettere in pratica un sistema di questo tipo sarebbe difficile, ammette - i sistemi presenti negli sport per disabilз non sono esenti da critiche.

Altrз ricercatorз hanno proposto un approccio simile al sistema degli handicap nel golf, o una categoria separata da quella degli uomini e delle donne, per lз atletз con DSD. La World Athletics ha già pensato a una simile categoria nelle proprie regole, ma Bermon ritiene che la società non sia ancora pronta, e se venisse introdotta porterebbe alla stigmatizzazione dellз atletз. “È impossibile trovare una soluzione che vada bene a tuttз,” afferma. “Bisogna affidarsi a quella più ragionevole, basata sulla scienza, per proteggere la categoria femminile.”

Martínez-Patiño, che oggi è una ricercatrice della scienza dello sport all’Università di Vigo, in Spagna, è d’accordo che solo delle evidenze scientifiche concrete porranno fine al dibattito, così come erano state d’aiuto ad impugnare il suo divieto a gareggiare. Ma Patel ci vede una sfida più grande. “Non è solo una questione scientifica,” dice. “Per arrivare a un miglioramento, dobbiamo affrontare la questione da una prospettiva scientifica, etica, legale e dei diritti umani.”

Riferimenti

  1. Bermon, S. et al. J. Clin. Endocrinol. Metab. 99, 4328–4335 (2014). 

  2. Fénichel, P. et al. J. Clin. Endocrinol. Metab. 98, E1055–E1059 (2013). 

  3. Healy, M. L., Gibney, J., Pentecost, C., Wheeler, M. J. & Sonksen, P. H. Clin. Encrinol. 81, 294–305 (2014). 

  4. Bermon, S. Curr. Opin. Endocrinol. Diabetes Obes. 24, 246–251 (2017). 

  5. Hilton, E. N. & Lundberg, T. R. Sports Med. 51, 199–214 (2021). 

  6. Bermon, S. & Garnier, P.-Y. Br. J. Sports Med. 51, 1309–1314 (2017).  2

  7. Pielke, R. Jr., Tucker, R. & Boye, E. Int. Sports Law J. 19, 18–26 (2019). 

  8. Bermon, S., Hirschberg, A. L., Kowalski, J. & Eklund, E. Br. J. Sports Med. 52, 1531–1532 (2018). 

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