La transizione medica, preconcetti e gatekeeping

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Storia e problemi del gatekeeping

In alcuni paesi, uno psichiatra deve certificare che il paziente “soffra di disforia di genere” e non abbia altri problemi di salute mentale prima di poter iniziare la terapia ormonale. Ciò viene soprannominato “gatekeeping”, dall’idea di un “guardiano del cancello” che tiene sotto controllo l’accesso ai trattamenti medici.

Storicamente, la pratica è nata per selezionare quali donne trans potessero o meno sottoporsi a intervento chirurgico di riassegnazione di fronte alla scarsità di chirurghi, secondo criteri molto binaristi, sessisti e abilisti1.

Ad esempio, gli psicologi richiedevano una “Real-Life Experience”, ovvero il “vivere a tempo pieno nel genere d’elezione”, prima di iniziare gli ormoni. Questo poteva comprendere cambiare legalmente il proprio nome, cambiare completamente il proprio guardaroba e spesso presentarsi in modo da essere percepiti come appartenenti al genere desiderato con tutti gli amici e gli estranei per un massimo di un anno. I sostenitori di questo passaggio spesso sottolineano che possa essere la dimostrazione che una persona sia seria riguardo alla transizione. Tuttavia, ciò è altamente coercitivo ed umiliante, ad esempio se la persona non desidera presentarsi in un certo modo, o se non desidera farlo pubblicamente con l’aspetto fisico che ha, o se preferisce effettuare la transizione medica prima di fare coming out.

In secondo luogo, si basa sugli stereotipi di genere e ignora il fatto che il disagio che si prova spesso abbia a che fare con il corpo, e non con i ruoli sociali. Terzo, può essere considerato come una forma di rituale di iniziazione. Quarto, essere visibilmente trans può essere estremamente pericoloso. Per questi motivi il WPATH, ovvero una delle principali associazioni di psicologi/psichiatri che stabiliscono un insieme di protocolli di gatekeeping, non richiede più la “Real-Life Experience” per gli ormoni. Tuttavia, alcuni psicologi (in particolare in Europa) la richiedono ancora.

Per il resto, esistono molti modi in cui nel corso del tempo l’accesso alla transizione medica è stato ed è tenuto sotto controllo per gli individui transgender, in particolare da parte dei settori conservatori della psichiatria. Sia nel passato che nel presente, psichiatri e terapisti sono stati di norma il modo in cui le persone transgender hanno avuto accesso alla transizione medica.

Oltre ai terapisti che supportano la terapia di conversione gay, ci sono molte altre forme di gatekeeping. Ad esempio, i terapisti che in effetti cercano di convincere le persone trans che non siano trans - questa è “terapia riparativa”, conosciuta dalla maggior parte delle persone come “gaslighting e/o tortura”. Naturalmente non ci sono prove che questo funzioni davvero, e l’attuale ricerca scientifica suggerisce che l’identità di genere sia una proprietà emergente delle strutture neurobiologiche. Quindi, tale “terapia riparativa” è l’equivalente scientifico di urlare e dare calci a un blocco di legno per convincerlo di essere di metallo, se non fosse per il fatto che quel blocco di legno sia un vero essere umano con emozioni e capacità di autonomia, molto probabilmente terrorizzato e depresso per l’abuso.

Un altro gruppo di persone sono i medici che diffondono disinformazione sulla transizione, o involontariamente o per convincere le persone trans a non transizionare nella convinzione non scientifica che la transizione sia inefficace o per motivi puramente religiosi.

Inoltre, le solite sedute di terapia con domande del tipo “sei davvero trans / hai davvero bisogno della transizione?” sono direttamente responsabili delle lunghe liste di attesa2 nei vari servizi sanitari. La produzione e l’accesso effettivi alla terapia ormonale sono estremamente economici: il costo è solo per tenere sotto controllo le persone trans e i lunghi tempi di attesa sono responsabili di un’enorme quantità di danni. Per citare il sondaggio:

Di tutti gli intervistati trans che hanno avuto accesso o che hanno cercato di avere accesso, l’80% ha affermato che ciò non sia stato facile (punteggio 1, 2 o 3 su 5 sulla facilità di accesso) e il 68% ha dichiarato che le liste di attesa siano troppo lunghe … … è stato dipinto un quadro su servizi dall’accesso difficoltoso, su una mancanza di conoscenza tra i medici di base su quali servizi siano disponibili e su come accedervi e sulle gravi conseguenze del dover aspettare. Sappiamo da altre ricerche che le persone trans abbiano tassi molto elevati di autolesionismo (ad esempio, uno studio sulla salute mentale trans ha scoperto che circa il 53% degli intervistati trans ci abbiano provato almeno una volta).

Questo sondaggio è specifico per il Regno Unito, tuttavia molti degli stessi problemi possono essere riscontrati in tutta Europa.

L’automedicazione con gli ormoni è sorprendentemente comune tra coloro che sentono di essere costrett* a fare i salti mortali, e un gran numero di persone transgender si sono sentite costrette a “dimostrare” la propria identità di genere – spesso dovendo esprimere quelli che secondo loro sono livelli inaccettabili di “bimbosità” o “machismo” – per essere prese sul serio come transgender dai propri medici e per continuare a ricevere la terapia ormonale. Il gatekeeping è anche estremamente ostile alle persone non binarie nella maggior parte dei casi.

La pratica denota anche un doppio standard di base: le persone cis sono considerate capaci di intendere e di volere per chirurgie estetiche, epilazioni definitive e altre modifiche permanenti al corpo se non altre attività estremamente pericolose come sport estremi, e nel caso delle persone con un utero per l’assunzione (come contraccettivi) degli stessi ormoni usati nella terapia ormonale femminilizzante, mentre le persone trans devono passare attraverso la certificazione di un “esperto” che viene fatta passare come “aiuto” nei loro confronti.

Detransizioni ed efficacia del gatekeeping

In molti affermano che le persone transgender provino rimpianti per la transizione e detransizionino a un ritmo molto elevato e che lo facciano perché si rendono conto di non essere transgender. Tuttavia, guardare la letteratura scientifica suggerirebbe diversamente:

Ad esempio, osservando un meta-studio del 19983, osserviamo che venne riscontrato che 20 persone in transizione femminilizzante e 5 persone in transizione mascolinizzante si pentirono dell’aver transizionato a causa dell’identità di genere. Il numero di persone nel meta-studio è stimato in 1000-1600 persone in transizione femminilizzante e 400-550 persone in transizione mascolinizzante, il che stima la percentuale di detransizioni per aver capito di non essere trans all’1-1,5%, tuttavia lo studio osservò che il numero di persone che avevano detransizionato fosse così piccolo che qualsiasi percentuale non potesse essere precisa. Questo studio non include persone intersessuali o non binarie.

Molti studi più recenti giungono a conclusioni simili456. Lo studio di coorte sulla “disforia di genere” di Amsterdam (1972-2015) riferì che:

è stato individuato che lo 0,6% delle donne trans e lo 0,3% degli uomini trans sottoposti a gonadectomia provino rimpianti.7

Guardando in particolare il Sondaggio Nazionale sulla Discriminazione Transgender negli Stati Uniti8, notiamo che solo il 5% di coloro che avevano detransizionato (essi stessi l’8% del campione) lo avesse fatto perché “Si sono resi conto che la transizione di genere non fosse per loro” - che è circa lo 0,4% del campione complessivo. Il 35% aveva un motivo non segnalato per aver detransizionato ad un certo punto, tuttavia basandoci sugli altri studi ciò aveva poco a che fare con il rendersi conto di non essere trans. Le altre ragioni per la detransizione derivavano dal rifiuto sociale (la causa principale era la pressione dei genitori per circa il 36% di chi ha detransizionato e quelle subito dopo erano l’aver incontrato difficoltà nella transizione, le molestie e i rischi di accesso al lavoro). Si noti che i partecipanti potevano elencare più di un motivo (questo è perché la somma delle percentuali non è pari al 100%).

È importante notare che questi studi misurino i tassi di rimpianto a stadi diversi di una transizione medica tradizionale. Molti degli studi precedenti si basano esclusivamente su interventi chirurgici di affermazione di genere. In quegli studi che lo controllano, di solito si scopre che l’accesso alla terapia ormonale sia più importante per le persone transgender. Tuttavia, alcuni di questi studi valutano anche le detransizioni dopo la terapia ormonale, con tassi di detransizione causata dall’aver capito di non essere trans simili a quelli degli studi che misurano le detransizioni dopo interventi chirurgici di affermazione di genere.

Fondamentalmente, questo dimostra che i lunghi periodi di gatekeeping alle persone trans da parte dei medici non abbiano quasi alcun beneficio - perché tali lunghi periodi di ritardo sono estremamente dannosi per le persone trans e quasi nessuna persona cisgender finirebbe per transizionare accidentalmente. Se provassero a iniziare la terapia ormonale, quasi sicuramente proverebbero velocemente un forte senso di disagio fisico e si fermerebbero prima che si verifichi qualcosa di irreversibile, anche se gli studi su questo sono più unici che rari perché sono estremamente immorali.

Il gatekeeping in molti casi è un tentativo di far dimostrare a qualcuno la propria identità di genere interna a un’altra persona, un compito praticamente impossibile. Inoltre, preoccuparsi del danno teorico estremamente raro ad una persona cis dandogli più importanza dell’aiutare un numero molto più grande di persone trans che potrebbero essere danneggiate o uccise dal ritardo nella transizione a causa del gatekeeping è indicativo di un calcolo costi/benefici del tutto errato.

Rischio di suicidio post-transizione

A volte viene affermato che ci sia un alto tasso di suicidi tra le persone post-transizione, indice di un rimpianto per la trasformazione o del fatto che la transizione di genere non sia riuscita a risolvere i loro problemi o a renderle felici.9 Solitamente viene citato come prova uno studio svedese a lungo termine pubblicato nel 201110, il quale concluse che:

Le persone con transessualismo, dopo la riassegnazione del sesso, hanno rischi notevolmente più elevati di mortalità, comportamento suicidario e morbilità psichiatrica rispetto alla popolazione generale. I nostri risultati suggeriscono che la riassegnazione del sesso, sebbene mitighi la disforia di genere, potrebbe non essere sufficiente come trattamento per il transessualismo e dovrebbe spingere a migliori cure psichiatriche e somatiche dopo la riassegnazione del sesso per questo gruppo di pazienti.

Tuttavia, per valutare il successo della transizione, un confronto più pertinente sarebbe con le persone gender non conforming che non effettuano la transizione. Gli studi dimostrano che anche i tassi di suicidio pre-transizione siano molto elevati, suggerendo che anche gli individui non in transizione siano a rischio.11 Una metanalisi da parte dei ricercatori della Cornell University riportò:

Abbiamo identificato 56 studi che consistono nella ricerca primaria su questo argomento, di cui 52 (93%) hanno rilevato che la transizione di genere migliori il benessere generale delle persone transgender, mentre 4 (7 %) riportano risultati misti o nulli.12

La valutazione dei tassi di suicidio o di problemi di salute mentale è complessa a causa dei molti fattori di stress che possono affrontare le persone in transizione, tra cui un peggioramento della relazione con la famiglia, la discriminazione sul lavoro, la perdita della casa, il bullismo e le molestie, la fine di una relazione con il coniuge o il partner, la perdita di contatto con i figli, violenza domestica, povertà, molestie da parte delle forze dell’ordine e incapacità di accedere alle cure mediche 13. I ricercatori della Cornell conclusero, prevedibilmente, che:

La letteratura indica anche che una maggiore disponibilità di supporto medico e sociale per la transizione di genere contribuisca a una migliore qualità della vita per coloro che si identificano come transgender.12

Valutazioni finali sul gatekeeping

A causa degli aspetti sopra elencati, il gatekeeping e i suoi protocolli sono spesso malvisti all’interno della comunità transgender.

La maggior parte del supporto ad essi all’interno della comunità viene dato da parte dei cosiddetti “truscum”/”transmedicalisti”, i quali ritengono che per essere “davvero” trans e avere accesso a terapie mediche di cui si ha bisogno sia necessario passare attraverso le procedure di gatekeeping e ottenere una diagnosi psichiatrica di “disforia di genere”.

Da diversi anni si è sviluppato un certo numero di cliniche americane che forniscono ormoni a coloro che li richiedono, fornendo una dichiarazione di consenso informato e l’autorizzazione di un medico endocrinologo. A nostro parere, considerando tutti gli aspetti a cui abbiamo accennato nell’articolo e non considerando l’essere trans come una patologia psichiatrica (posizione tra l’altro condivisa dall’OMS14 ) e quindi una condizione che sia possibile diagnosticare ma più che altro come una variante nella diversità umana, questa è la strada da seguire anche negli altri paesi (tra cui il nostro) per rispettare l’autodeterminazione delle persone transgender. La psicoterapia per fornirci sostegno con la società e le persone che ci circondano può e deve esserci fornita a titolo gratuito, ma in modo volontario e non in un’ottica di controllo e di patologizzazione delle nostre identità.

Riferimenti

  1. http://spooksrus.tripod.com/circle/gatekeeping.html 

  2. https://www.gov.uk/government/publications/national-lgbt-survey-summary-report/national-lgbt-survey-summary-report#the-results 

  3. https://web.archive.org/web/20070812100135/http://www.symposion.com:80/ijt/pfaefflin/6002-6.htm#Treatment%20Results 

  4. https://doi.org/10.1016/j.sexol.2006.04.002 

  5. https://doi.org/10.1007/s10508-014-0300-8 

  6. http://www.gires.org.uk/assets/Medpro-Assets/trans_mh_study.pdf 

  7. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29463477 

  8. https://transequality.org/sites/default/files/docs/usts/USTS-Full-Report-Dec17.pdf 

  9. https://www.heritage.org/gender/commentary/sex-reassignment-doesnt-work-here-the-evidence 

  10. https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0016885 

  11. https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/00918369.2011.534038?src=recsys& 

  12. https://whatweknow.inequality.cornell.edu/topics/lgbt-equality/what-does-the-scholarly-research-say-about-the-well-being-of-transgender-people/  2

  13. https://williamsinstitute.law.ucla.edu/wp-content/uploads/AFSP-Williams-Suicide-Report-Final.pdf 

  14. http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2018/06/19/oms-transgender-non-e-malattia-mentale_abb478c0-924e-49b9-8ea4-89a042555af9.html 

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